In defense of peat - Is the bad press for horticultural peat wildly overblown?
5 maggio 2024

Condividiamo due interessanti articoli sul ruolo e le caratteristiche della torba utilizzata nell’orto-florovivaismo.

Non vuole essere un tentativo di strenua difesa della torba ma uno spunto di riflessione sulla corretta informazione.

Buona lettura!


Torba e cambiamento climatico: un dibattito in cerca di equilibrio - Notiziario ERSA Friuli Venezia Giulia n°2/2023, di Paolo Notaristefano


In defense of peat: Is the bad press for horticultural peat wildly overblown? – Greenhouse Management, April 2024, by James Altland


Estratto da In difesa della torba, le preoccupazioni sull’uso della torba sono esagerate?


Prendendo spunto da un articolo apparso sulla rivista statunitense “Greenhouse management magazine” che spiega come negli ultimi anni, la torba sia stata incriminata per la presunta poca sostenibilità, approfondiamo l’argomento valutando il rischio della disinformazione.

All’inizio del 900, i vasi venivano riempiti prevalentemente con terra di campo, per l’uso della torba dobbiamo aspettare gli anni ’50.

La torba ha, indubbiamente, rivoluzionato la coltivazione delle piante in vaso, la bassa salinità, la struttura fisica, con maggiore drenaggio e il minor sviluppo di malattie radicale, sono i punti di forza, che la rendono il materiale “gold-standard”, la materia prima più impiegata, con la quale vengono confrontate tutte le altre componenti.

L'attenzione crescente rivolta dall'Europa all'uso della torba, anche la sua utilizzazione negli Stati Uniti è diventata oggetto di critica da parte dei media. Vediamo un susseguirsi di articoli, in cui l'impiego della torba nel settore orticolo viene connesso al degrado delle torbiere, criticato come una delle principali fonti di emissione di anidride carbonica (CO2) nell'atmosfera e quindi per il suo contributo sul riscaldamento globale e parallelamente al cambiamento climatico.


Quanto di questa cattiva stampa è meritata?

L'estrazione della torba ha indubbiamente un costo ambientale, ma guardiamo alla realtà di questo processo e valutiamo i pro e i contro.

E invece di usare iperboli e dichiarazioni vaghe, usiamo la scienza e i fatti.


Superficie coinvolte

Sempre da Greenhouse si apprende che i principali insediamenti di torbiere si distribuiscono maggiormente in Asia (38,4%), Nord America (31,6%), Europa (12,5%), Sud America (11,5%), Africa (4,4%), e Australia (1,6%). Eppure, gli Stati Uniti dipendono per oltre l'85% dalla torba di sfagno estratta dalle torbiere canadesi, mentre il Canada esporta più del 90% della sua torba negli Stati Uniti, delineando una dinamica di offerta e domanda nordamericana predominante. In Europa, invece le torbiere hanno subito degrado e scomparsa prevalentemente a causa dell'utilizzo secolare della torba come combustibile.

Secondo il Global Peatland Assessment delle Nazioni Unite, in Canada ci sono 294 milioni di acri di torbiere e coprono un'area estesa, con circa il 43.500 acri utilizzati per l'estrazione della torba e un altro 34.500 acri già sfruttati in passato, costituendo solo lo 0,03% dell'intera estensione delle torbiere canadesi. La maggior parte delle torbiere, oltre il 97%, rimane in uno stato naturale, mentre il restante 2-3% è stato disturbato da altre attività umane come l'agricoltura e lo sviluppo urbano.

Il punto cruciale di quasi tutte le argomentazioni contro la torba è che l’estrazione e l’uso provoca l'emissione di gas serra (GHG). Ma andando a leggere attentamente nessun articolo divulgativo riporta i dati che quantificano le emissioni e soprattutto nessuno determina l’impatto globale di queste emissioni. Facciamo un po’ di ordine.


Quantifichiamo le emissioni

Le torbiere intatte sono un importante serbatoio di carbonio, in uno stato naturale o indisturbato, hanno un NEE (scambio netto ecosistemico) negativo di circa -286 kg di CO2 per ettaro, il che significa che accumulano e immagazzinano più carbonio di quanto ne emettano. Il processo di estrazione e raccolta della torba determina un rilascio di CO2 nell'atmosfera, che secondo il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), che si è avvalso di un modello matematico per la quantificazione, una torbiera esposta, rilascia circa 2,8 tonnellate di CO2 per ettaro all'anno. Studi e ricerche puntuali, condotte con misurazioni reali, quali ad esempio quella del Professor Hongxing He, della McGill University che ha utilizzato un modello di trasferimento accoppiato di calore e massa per sistemi suolo-pianta-atmosfera determina una perdita di carbonio, pari a 1,5 tonnellate di CO2 per ettaro all'anno. Il Dr. He ha convalidato questi modelli con ampie misurazioni in loco del flusso di CO2, dell'umidità del suolo, della temperatura del suolo e dei livelli d'acqua per un periodo di tre anni e ha trovato le stime riviste molto più accurate di quelle dell'IPCC. Per mettere questi numeri in prospettiva, un singolo volo su un jet privato da Dallas a Chicago rilascia oltre 4 tonnellate di CO2 nell'atmosfera. Questo singolo volo emette da due a tre volte la quantità di CO2 di un ettaro di torbiera esposta nel corso di un anno.


Ripristino delle torbiere dopo il raccolto

Un’altra affermazione contro l’uso della torba per l’orto-florovivaismo, si legge nell’articolo, è che le torbiere non potranno mai essere ripristinate, almeno in un lungo periodo di tempo. Una volta che una torbiera viene aperta per l’estrazione della torba, di solito viene raccolta tra i 20 e i 40 anni, mentre per torbiere più profonde il periodo di tempo può essere decisamente più lungo.

Ci sono due argomentazioni pratiche che contestano questa affermazione. In primo luogo, nonostante la raccolta, la quantità totale di carbonio nei sedimenti di torba continua ad aumentare ogni anno. La seconda argomentazione, è ancor più significativa: anche se dovessero passare millenni prima che le torbiere raggiungano la stessa profondità di torba, ritornerebbero ad essere serbatoi di carbonio in tempi relativamente brevi. Dopo la cessazione della raccolta, le torbiere possono essere ripristinate tramite la "tecnica di trasferimento dello strato di muschio", sviluppata dalla Dott.ssa Line Rochefort dell'Università Laval in Quebec. Questo metodo prevede il prelievo di frammenti viventi di muschio di sfagno da una palude donatrice e il loro trasferimento sulla torbiera da ripristinare. Studi condotti da Rochefort e altri ricercatori hanno dimostrato che 14 anni dopo il ripristino, la torbiera torna a essere un serbatoio di carbonio funzionante, con un tasso di assorbimento netto di carbonio di -78 grammi per metro quadrato all'anno.

La quantità di carbonio rilasciata dalle torbiere è estremamente bassa rispetto ad altre attività umane; inoltre, le torbiere possono essere ripristinate per accumulare carbonio.


Tutti i materiali hanno un impatto ambientale

Tra le materie prime più citate che potrebbero servire come matrici differenti dalla torba troviamo corteccia, fibra di legno, fibra di cocco, lana di roccia, perlite, compost. Tuttavia, mentre molti di questi materiali sono eccellenti in applicazioni molto specifiche o possono sostituire solo una frazione relativamente piccola del normale volume di torba nei substrati, nessuno di essi (eccetto forse la fibra di cocco) è adatto a sostituire la torba nell’ampia gamma di applicazioni in cui viene attualmente utilizzata. La fibra di cocco si distingue per la sua fibrosità, abbondanza, compressibilità per la spedizione, facilità di miscelazione con altri componenti e ammendanti del substrato, nonché per la sua capacità di ritenzione idrica relativamente elevata.

Ma è la fibra di cocco più sostenibile della torba? Ha un impatto ambientale o un potenziale di riscaldamento globale inferiore? Ogni materiale ha un prezzo ambientale e sociale.


Se non iniziamo a guardare con obiettività i dati a disposizione, il rischio è che a fronte di una limitazione si pregiudichi l’obiettivo di raggiungere una reale sostenibilità.

L’articolo di Altland, in conclusione, riporta che la torba utilizzata nell’orto-florovivaismo può essere sostenibile se viene raccolta in modo responsabile. I raccoglitori di torba canadesi lo fanno da oltre tre decenni. Le conseguenze della raccolta della torba sono molto meno dannose per la salute umana e per l'ambiente di quanto le esagerate affermazioni dei blog di giardinaggio vogliano far credere. Infine, i benefici dell'uso della torba per la produzione floricola, orticola alimentare, la silvicoltura e il paesaggio urbano superano di gran lunga il piccolo impatto ambientale (riscaldamento globale o altro) che ha.